Death Note – Giustizia e Superbia per un mondo ideale

Il seguente articolo è una trascrizione, e allo stesso tempo la base, del video che si trova a questo indirizzo:

Premessa

Death Note è un manga (fumetto giapponese) pubblicato dal 2003 al 2006, ad opera di Tsugumi Ōba (sceneggiatura) e Takeshi Obata (disegni). Una serie animata da esso tratta è andata in onda tra il 2006 e il 2007. Il fumetto è una sorta di poliziesco con tinte fantasy e una certa attenzione per l’aspetto psicologico delle situazioni, visto l’ammontare di scene dedicate alle riflessioni e deduzioni dei vari personaggi.

La storia parla di Light Yagami, uno studente giapponese modello, che conduce una vita normale nella città di Tokyo. All’improvviso il suo mondo viene sconvolto quando entra in possesso di un Death Note, un Quaderno della Morte lasciato cadere sulla Terra da Ryuk, un annoiato Dio della Morte in cerca di emozioni, il quale da quel momento in poi seguirà il ragazzo come fosse la sua ombra.

Il Death Note è un potente manufatto in grado di uccidere chiunque il cui nome venga scritto su di esso, con qualsiasi metodologia di morte desiderata. Inizialmente intimorito da questa capacità, Light metterà ben presto da parte gli scrupoli morali per sfruttare il Quaderno al fine di giustiziare coloro che si macchiano di reati e creare così un nuovo mondo ideale, di cui intende diventare il “dio”. Le imprese del misterioso “assassino dei criminali”, soprannominato dai media Kira (contrazione dell’inglese “killer”), incontreranno consensi e disapprovazioni in tutto il mondo, generando fazioni “pro-Kira” e “anti-Kira”. Al caso si interessa il miglior investigatore del mondo, Elle, che si mette fin da subito sulle tracce della vera identità dell’assassino di delinquenti, provando per prima cosa che Kira è in Giappone e iniziando di conseguenza ad usufruire dell’aiuto della polizia giapponese per identificarlo.

Ha dunque inizio uno scontro mentale fatto di deduzioni, tattiche e contromosse nel quale sia Light che Elle metteranno in campo la propria astuzia per cercare di stanare e sconfiggere l’avversario prima che lo faccia l’altro.

La volontà di potenza di Light

« Io vi insegno il superuomo.
L’uomo è qualcosa che deve essere superato.»

Friedrich Nietzsche

Prima di parlare del ruolo assunto da questa nozione nel fumetto, è meglio introdurre l’idea stessa di Superuomo e volontà di potenza.

Il concetto di “superuomo”, o “oltreuomo” (da Übermensch) trova la sua genesi in opere del filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche come Così parlò Zarathustra e La volontà di potenza. Il superuomo descritto da Nietzsche è una metafora dell’uomo libero da vincoli e false morali, il quale abbandona le ipocrisie della società per porre sé stesso e i propri valori di fronte all’etica comune; a questo discorso si collega la volontà di potenza tipica dell’oltreuomo, ossia una infinita pulsione al rinnovamento dei suoi ideali.

Nell’epoca nazista, probabilmente a causa dei rimaneggiamenti degli scritti di Nietzsche ad opera della sorella, questi concetti furono reinterpretati dal nazionalsocialismo: il superuomo venne identificato con la figura dell’uomo ariano, puro, superiore e dominatore rispetto a qualsiasi altra razza. In particolare la persona di Hitler fu assimilata a questo concetto: un ideale “superuomo”, possessore di una Volontà superiore, che si erge sopra la massa e la guida verso un nuovo mondo.

La dottrina del superomismo venne ripresa anche dal Decadentismo, movimento letterario europeo di fine Ottocento-inizio Novecento che, contrapponendosi al Positivismo, prediligeva una conoscenza dell’ignoto e del mistico priva di ambito razionale e un compiacimento autodistruttivo dell’artista (Maledettismo). In questo contesto, il concetto di Superuomo è rimaneggiato, soprattutto dal poeta Gabriele D’Annunzio (1863 – 1938), divenendo una sorta di “mito” caricato, tra l’altro, di valenza politica: egli è il protagonista della storia, un individuo superiore alle masse borghesi mediocri, al di là del bene e del male, che muove verso mete eroiche senza essere tormentato da dubbi o incertezze, nonché, nell’ottica nazionale, colui che avrà il compito di riportare l’Italia alla grandezza passata.

In Death Note, la figura del protagonista Light Yagami è perfettamente identificabile in quella del Superuomo, in particolare per quanto concerne la sua interpretazione nel nazismo e nel Decadentismo. Light infatti, in virtù della sua intelligenza, si ritiene una sorta di “essere superiore” dotato di una morale più elevata di quella degli altri individui. Proprio per via di questa presunta “moralità superiore”, Light si sente in diritto, se non in dovere, di utilizzare a proprio piacimento il Death Note come metodo di giudizio con cui eliminare dalla faccia del pianeta la “feccia”, gli “impuri”, coloro che non considera degni di vivere nel mondo ideale che aspira a creare.

Quella di Light parrebbe dunque la figura di un giustiziere, una persona interessata a ristabilire equità e giustizia in un mondo marcio e corrotto eliminando tutti i responsabili di questo “inquinamento”.

Che questa visione possa essere condivisibile o meno, comunque, quasi fin da subito il ragazzo palesa la sua ambizione: diventare il “Dio di un nuovo mondo”. Il fine ultimo di Light, l’obiettivo autoimpostosi a seguito del delirio di onnipotenza dovuto all’acquisizione di una possibilità che va oltre quelle di qualsiasi altro essere umano, è quindi divenire una divinità, o, più propriamente, una sorta di dittatore con caratteristiche non molto dissimili da quelle di personaggi come Hitler, o Stalin.

Nel corso della trama egli affermerà infatti di avere, oltre che l’intenzione di creare un mondo ideale abitato unicamente da persone da lui giudicate di buon cuore, anche il desiderio di governarlo a proprio piacimento per lungo tempo, fino alla sua morte. In più c’è il parallelismo dell’eliminazione degli oppositori: nell’arco della storia, infatti, Light non ucciderà solamente i criminali, ossia i suoi obiettivi iniziali, ma, man mano che comincerà a venire braccato dalla polizia in modo sempre più stretto, nel suo mirino finiranno anche i poliziotti incaricati delle indagini contro Kira; insomma, una gestione della situazione non molto diversa da quella delle dittature del XX° secolo (o di qualsiasi altra dittatura, in verità), in cui si prevedeva la soppressione dei rivali del partito dominante.

Il tema della morte

«Bisognerebbe perdonare i propri nemici,
ma non prima che li impicchino.»

Heinrich Heine

Fin dalle premesse dell’opera si può capire l’importanza della tematica della morte in Death Note. Il metodo di Light Yagami di uccidere tutti coloro che attentano alla pubblica sicurezza per mezzo del suo Quaderno si può definire a tutti gli effetti una sorta di fantasiosa “pena di morte”, in questo caso però all’infuori di ogni assetto legale e adottata in modo totalmente discrezionale. Il metodo di Light prevede infatti di essere, come si usa dire, “giudice, giuria e carnefice”, e ciò rende le sue esecuzioni, seppur alle volte motivate dal fatto che le sue vittime sono delinquenti macchiatisi di gravi crimini, non dissimili da qualsiasi altro omicidio. Erogare una pena, a maggior ragione se di morte, dovrebbe infatti essere una prerogativa del potere giudiziario di uno stato, che in paesi in cui vige il principio della separazione dei poteri è affidato all’organo della Magistratura (i poteri legislativo ed esecutivo sono invece rispettivamente personificati dal Parlamento e dal Governo).

Quello della pena di morte è un tema molto controverso e dibattuto a livello internazionale: in base alle notizie raccolte dall’organizzazione non governativa (ONG) Amnesty International (associazione attiva a livello internazionale che si occupa di promuovere il rispetto dei diritti umani), nel mondo 55 sono gli stati che continuano ad applicare la pena capitale, mentre i restanti o l’hanno abolita a livello giuridico, o, pur facendola perdurare nel loro ordinamento, nella pratica non la utilizzano più da lungo tempo. In Italia, secondo la normativa vigente, la pena di morte non è contemplata: se ne fa menzione nella Costituzione della Repubblica Italiana (approvata dall’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947, promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il primo gennaio del 1948) all’articolo 27, quarto comma, «Non è ammessa la pena di morte».

A livello europeo, il 4 novembre 1950 è stata firmata a Roma la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) dai 12 paesi allora membri del Consiglio d’Europa (Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Turchia); essa prevede, in base al suo Protocollo XIII, l’abolizione della pena di morte in ogni circostanza.

In ambito internazionale la questione è stata poi anche trattata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il principale organo istituzionale dell’ONU, che nel 2007 e nel 2008 ha adottato una risoluzione non vincolante riguardante una moratoria sulle esecuzioni, in attesa di una vera e propria abolizione della pena di morte.

Il Giappone, ossia il luogo in cui sono ambientate la maggior parte delle vicende di Death Note, è invece uno degli stati che ancora applicano la pena di morte, nonostante sia tra i 9 paesi che si possano definire in possesso di un sistema politico di democrazia liberale in cui questa usanza viene ancora praticata. La pena capitale è in questa nazione eseguita mediante impiccagione, ed è prevista per 13 reati, seppur in pratica venga erogata solamente in casi di omicidio. La legislazione prevede inoltre che il condannato non sappia in quale data sia fissata la propria esecuzione e che rimanga chiuso nella propria cella tutto il giorno, senza possibilità di parlare con altri detenuti e con a disposizione solamente poche e controllate visite di famigliari e avvocati. Il detenuto nel braccio della morte è informato del momento esatto dell’impiccagione solamente un’ora prima che essa avvenga.

Maschera e identità molteplici

« Nascondi ciò che sono
e aiutami a trovare la maschera più adatta
alle mie intenzioni.»

William Shakespeare

Quello della menzogna e della mistificazione è un argomento assai trattato nel corso dell’arco narrativo di Death Note. Il protagonista Light, infatti, farà largo uso, nelle sue interazioni con le altre persone, che siano conoscenti o membri della sua stessa famiglia, di una facciata da studente arguto ma innocente atta a nascondere il suo “lato oscuro” di efferato assassino. Si costruirà insomma una vera e propria “maschera” manipolabile e modificabile a proprio piacimento (da ragazzo con un forte astio verso “Kira”, a normale studente di scuola superiore, a semplice figlio preoccupato per il proprio genitore), una moltitudine di apparenze di cui però quasi nessuna rispecchia pienamente la vera personalità fredda e macchinatrice del giovane Light.

In un simile contesto non si parla solamente di essere abili mentitori, quanto anche dell’impersonificazione di una determinata gamma di ruoli utili per poter vivere nella società. In questo caso Light adotta una simile tattica per celare la sua “natura omicida”, ma pensandoci bene una simile azione non è tanto diversa da quella compiuta da chiunque di noi nella vita di ogni giorno.

Una simile visione della realtà è presente nelle opere dello scrittore italiano Luigi Pirandello (1863 – 1936). Per questi, infatti, l’identità personale è determinata dalla frantumazione dell’io in una moltitudine di stati in continua trasformazione, caratteristica confermata anche dalla molteplicità delle visioni altrui nei confronti del proprio sé. Questa pluralità di “forme” attraverso cui viene percepito il proprio io costituisce una sorta di “carcere” le cui sbarre sono la società stessa che, a Pirandello, appare come una gigantesca costruzione artificiosa e fittizia. Per poter sopravvivere nella società l’uomo deve necessariamente impersonare un ruolo, calarsi in una forma di identità che risulti adatta per conformarsi al tessuto sociale di appartenenza.

Emblematica in tal senso è la novella Il treno ha fischiato, pubblicata per la prima volta sul Corriere della Sera del 22 febbraio 1914. Il personaggio principale di questo racconto, Belluca, è un impiegato che all’infuori di lavoro e famiglia non ha altro nella vita, egli si cala ogni giorno nella sua grigia quotidianità confacendosi al ruolo nel quale si è ormai identificato senza sgarrare e senza lamentarsi della sua condizione. Sarà un avvenimento all’apparenza banale, ossia il suono di un treno che fischia in lontananza, a scatenare in Belluca una sorta di rinsavimento, di “risveglio”, a seguito del quale si sentirà un uomo nuovo, non più legato al suo ruolo prefissato; alla fine egli ritornerà entro i limiti del meccanismo sociale, ma da adesso in poi avrà una valvola di sfogo costituita dall’evasione consolatoria mediante la fantasia.

Più confacente alla tematica specifica della molteplicità dell’identità personale è invece il romanzo Uno, nessuno e centomila, sempre di Pirandello. Il protagonista dell’opera è Vitangelo Moscarda, banchiere benestante con una vita apparentemente perfetta. Un giorno sua moglie Dida gli fa notare che il suo naso pende leggermente da una parte, cosa di cui egli non si era mai accorto; da qui in poi Moscarda acquisirà sempre maggiore consapevolezza della mutevolezza della propria condizione agli occhi degli altri, dal momento che da chiunque dei suoi conoscenti e non la sua identità è percepita in modo differente, e quindi non esiste “un solo Vitangelo” come aveva fino ad allora concluso, bensì una quantità praticamente infinita di “Moscarda”. Lo scopo del protagonista nel corso del romanzo sarà dunque quello di distruggere tutte le convinzioni delle altre persone relative a sé stesso tramite l’attuazione di una serie di azioni totalmente imprevedibili (come la vendita della banca che gli garantiva una cospicua rendita), e alla fine Moscarda arriverà a rinunciare completamente alla propria identità, facendosi internare in un manicomio da lui stesso finanziato a seguito di alterne vicende, accettando dunque di essere allo stesso tempo “nessuno” (non si riconosce dentro alcuna individualità specifica) e “centomila” (ogni secondo “muore” e “rinasce” come nuovo sé stesso).

Insomma, così come ogni individuo dispone di una infinita pluralità di concezioni del suo proprio io che gli fornisce mutevoli maschere da “indossare” nel tessuto sociale della sua quotidianità, sia che si tratti di ruoli assunti volontariamente sia di differenti visioni dell’identità personale da parte di soggetti altri, così Light Yagami assume una serie di varianti di sé stesso utili a rapportarsi con chi gli sta intorno: brillante ma ignaro studente a scuola, osservatore arguto ed estraneo alle attività di Kira quando è con Elle, figlio e fratello amorevole nei confronti della famiglia.

 

E con questo, termina il pezzo di oggi.

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