La post apocalisse socio-ambientale di Kipo e l’era delle creature straordinarie

L’ambientazione post-apocalittica è uno scenario estremamente sfruttato, nel genere fantascientifico. Che si tratti di film, serie tv, fumetti o romanzi, il concetto di un mondo in cui l’umanità non è più in una posizione di “dominio” (o comunque controllo) nei confronti di flora e fauna del pianeta esercita sempre molta fascinazione. E a dispetto delle numerose opere che sfruttano tale idea, nella narrativa la cosa importante rimane sempre una: sapersi differenziare quanto basta e creare una propria unicità. In questo riesce senza dubbio Kipo e l’era delle creature straordinarie (in originale Kipo and the age of wonderbeasts), serie animata di Netflix composta da 3 stagioni di 10 episodi l’una, rilasciata nel corso del 2020 sulla piattaforma.

Poster promozionale della prima stagione dello show.


Creata da Radford Sechrist (animatore veterano ma alla sua prima esperienza da showrunner) e prodotta da DreamWorks (lo studio d’animazione di capolavori come Shrek e Dragon Trainer), Kipo e l’era delle creature straordinarie è la storia di un mondo perlopiù in rovina, dove i pochi sopravvissuti dell’umanità sono costretti a nascondersi in bunker sotterranei (in pieno stile della saga di videogiochi Fallout) e la superficie è dominata da bande di animali mutanti, resi intelligenti duecento anni prima dell’inizio dello show da qualche sconosciuto ritrovato scientifico.

Protagonista eponima della serie è Kipo, una solare ragazzina di 13 anni (12 nei primissimi episodi). Cresciuta in un bunker, quando la sua casa viene distrutta si ritrova a vagare (all’inizio) da sola in superficie, avendo come obiettivo quello di ritrovare la sua gente – in primis suo padre. Ma anche, naturalmente, di sopravvivere in un mondo in cui gli umani sono visti oramai come creature indesiderate, se non vere e proprie prede.

Le tematiche toccate dallo show, che siano l’ambientalismo, l’animalismo e temi più strettamente sociali, sono diversificate e affrontate in maniera tutt’altro che ingenua. Per quanto riguarda il primo, il messaggio è chiaro praticamente sin dall’introduzione, come spesso è nelle ambientazioni post-apocalittiche: il mondo è distrutto, e la colpa non può che essere dell’umanità. All’interno dello show non vengono mai del tutto chiarite le dinamiche che hanno scatenato l’apocalisse dell’anno 2020 (data espressamente menzionata nella serie), ma rimane un concetto ribadito più volte nel corso del programma, in particolare dagli animali mutanti che fungono inizialmente da principali antagonisti: l’umanità ha portato il pianeta al collasso, quindi questo è il “loro” (degli animali) mondo, adesso.

Il che ci porta direttamente nel secondo tema, quello animalista. L’umanità del mondo di Kipo è una razza svantaggiata e odiata da tutte le altre “tribù” di animali senzienti. Gli esseri umani vengono cacciati, imprigionati, mangiati, spesso uccisi a vista da quasi tutte le bande che hanno la sfortuna di incrociare sul loro cammino. Motivo per il quale i pochi superstiti dell’umanità o si nascondono sottoterra, oppure, qualora vivano in superficie, conducono una vita in cui devono costantemente stare all’erta. Una delle ragioni per cui tutto ciò accade è che le diverse specie animali non provano, in linea di massima, forte simpatia per chiunque non appartenga al loro gruppo (ne parleremo meglio nel prossimo paragrafo); ma un altro motivo, menzionato dallo stesso antagonista iniziale dello show (un mandrillo con manie di grandezza), è che gli esseri umani hanno imprigionato e controllato per secoli gli altri animali, che fosse per diletto (zoo e circhi) o per sperimentare su di essi. In special modo per quest’ultimo punto troviamo, nella serie, un’esplicita rappresentazione, più in là nella storia, in una maniera che si incastra perfettamente con la trama orizzontale. Tutte queste motivazioni giustificano, dal punto di vista dei mutanti, una “rivincita” del mondo animale sui loro antichi signori e padroni.

Il mondo di Kipo offre un variegato cast di personaggi appartenenti a tutte le specie animali, ingigantite e rese senzienti da un misterioso preparato chimico 200 anni prima l’inizio delle vicende raccontate.

Infine abbiamo un altro tema principale, di origine più sociale, che ha a che fare con il razzismo e la xenofobia. Come accennato prima, le varie bande di animali sono suddivise per specie: i serpenti si accompagnano solo ad altri serpenti, i lupi solo ad altri lupi, e così via. I diversi gruppi sono continuamente in conflitto gli uni con gli altri, a volte un po’ per bisogno (come i carnivori che predano creature erbivore), ma il più delle volte per semplice diffidenza nei confronti del “diverso”. A dispetto di quanto viene detto nel corso della serie sugli esseri umani, gli animali mutanti e antropomorfizzati non sembrano poi molto diversi da loro su certi aspetti. Quasi come se lo sviluppo dell’intelligenza e di una maggiore rassomiglianza all’uomo si accompagnasse invariabilmente anche con certi attributi negativi. Il sottotesto ricorda per alcuni versi quello di Zootropolis, film Disney del 2016 con protagonisti animali antropomorfi, in cui si parla sempre di discriminazione; per quanto in quel caso il conflitto sia specificamente tra carnivori ed erbivori, mentre in Kipo il concetto viene allargato ad ogni singola razza del regno animale, in un probabile parallelismo con le numerose etnie umane del mondo reale (oppure, in alternativa, come analogia di nazionalismi e territorialismi eccessivi).

Nel merito di quanto trattato fino ad ora, da ago della bilancia funge Kipo, la protagonista. Propugnatrice di un messaggio di puro pacifismo (quando decide di combattere è solamente per proteggere persone a lei care), è una ragazza estremamente positiva, quasi fino all’estremo. Ella crede fermamente che qualunque conflitto sia risolvibile senza l’ausilio della violenza e che sia giusto dare una seconda possibilità a chiunque, a dispetto di quanto terribile possa sembrare di primo acchito. Per merito suo, la serie si fa portatrice di un profondo messaggio di speranza improntato alla costruzione di un futuro migliore; nel caso specifico, una convivenza tra gli animali mutati e gli umani, così che possano riformare insieme una civiltà e lasciarsi alle spalle le brutture, tanto ecologiche quanto sociali, del passato. Tutto ciò senza per questo scadere in maniera eccessiva nell’ingenuità; in fondo, come viene detto in un’occasione all’interno della serie animata Steven Universe (altro show veicolante un messaggio pacifista): “Tutti possono cambiare, ma non tutti vogliono farlo”.

In definitiva, Kipo e l’era delle creature straordinarie è una piccola perla di intrattenimento contemporaneo, forse non perfetta, ma assolutamente meritevole di attenzione. Propagandando tanto significativi messaggi ambientalisti e antirazzisti, quanto di genere progressista (è stato uno dei primi cartoni ad utilizzare esplicitamente la parola “gay”, in riferimento ad uno dei personaggi principali, rappresentando il fenomeno in maniera totalmente normale ed inclusiva), offre un’appassionante e colorata avventura adatta a tutte le età, abbastanza divertente ed intrigante da mantenere alta la curiosità sino alla fine.

Per chiunque fosse interessato a recuperare la serie, è disponibile sulla piattaforma Netflix, con tanto persino di doppiaggio in italiano.
Di seguito il trailer ufficiale della prima stagione, così da avere una più propria introduzione al mondo animato dello show.

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