OK KO: Let’s Be Heroes – Come si fa una stagione finale

Nota: Il seguente articolo è una trascrizione del video disponibile a questo indirizzo:

Quanti di voi conoscono OK KO: Let’s Be Heroes?

Questa serie animata di Cartoon Network è stata creata da Ian Jones-Quartey, che ha lavorato nel ben più popolare Steven Universe sin dai suoi inizi e che si è recentemente sposato con la sua ideatrice Rebecca Sugar, dopo anni di fidanzamento.

L’episodio pilota, Lakewood Plaza Turbo, venne realizzato nel 2013, mentre per la serie vera e propria si è dovuto attendere sino al 2017. Anche per via del background del suo creatore, diverse persone l’hanno accolta abbastanza positivamente, per quanto uno stile molto più sopra le righe rispetto alla media abbia probabilmente ridotto il bacino di udienza che avrebbe potuto di base raggiungere.

La demenzialità e l’esagerazione tipiche dello show, particolarmente esemplificate nello stile dei disegni e delle animazioni, hanno poi probabilmente faticato anche in seguito a fare avvicinare una certa porzione di spettatori.

Esempio di espressione esagerata di un personaggio riscontrabile in OK KO, reminescente di alcuni cartoni di inizio 2000 o delle moderne animazioni Internettiane.

Per quanto la sua popolarità non sia mai esplosa come quella del “fratello maggiore” Steven Universe, però, sembrava stare conducendo una vita decente tra le file delle neonate serie di Cartoon Network, ritagliandosi un suo posto quantomeno per qualche altro annetto a venire.
A dispetto di ciò, nell’agosto del 2019 è stato ufficializzato per bocca dello stesso Jones-Quartey che il network aveva ordinato la cessazione della produzione della serie, un fulmine a ciel sereno per i neanche pochissimi fan dello show.

Fortunatamente, dal momento che Cartoon Network ha avuto la decenza di avvertire la crew di Ian con un certo anticipo, essi hanno potuto sfruttare il tempo e gli episodi concessigli nella maniera più ottimale che fosse possibile.

Vedete, OK KO era partito come gran parte dei cartoni dell’era moderna: i primi episodi impostano una premessa, ma risultano perlopiù autoconclusivi, magari introducendo mano a mano personaggi, situazioni o worldbuilding. A spizzichi e bocconi iniziano a venire presentati hint e foreshadowing su punti focali della trama che si esploreranno più in là, il tutto continuando ad alternare con momenti slice of life.

Nel momento in cui Ian e i suoi furono avvertiti del fatto che avrebbero avuto solamente un numero limitato di episodi per concludere lo show, OK KO era alla sua seconda stagione e, per quanto la trama orizzontale fosse oramai stata determinata, la quantità di episodi fini a sé stessi rimaneva comunque alta e i vari misteri stavano venendo rivelati con molta calma, seguendo un climax ascendente che si sarebbe probabilmente protratto come minimo per altre due o tre stagioni.

Con la scoperta che la serie avrebbe avuto vita breve, gli animatori furono costretti a spingere a forza quelle approssimativamente due o tre stagioni di avvenimenti all’interno di una singola stagione, dotata di un numero di episodi notevolmente inferiore rispetto alle prime due. In conseguenza di ciò, ogni singola puntata della terza stagione ha una qualche importanza.

Grafico che compara il numero di episodi di ognuna delle tre stagioni. Notare la parabola discendente, in particolare con la terza.

Ci sono, ad esempio, episodi che, pur avendo poco a che fare con la trama orizzontale, fanno da chiusura per archi narrativi precedentemente stabiliti di determinati personaggi. Naturalmente, però, a fare da padrone è l’avanzamento della trama propriamente detta. Si assiste a una vera e propria corsa agli avvenimenti, con situazioni che precedentemente avrebbero occupato numerose puntate venire introdotte e risolte nel giro di pochi episodi.

Però, sapete una cosa? Per quanto sia indubbio che una narrazione di questo genere esponga a un rush che produce un certo straniamento rispetto a ciò a cui ci aveva abituato lo show in precedenza, allo stesso tempo gli autori riescono a introdurre questo cambiamento nella maniera più fluida e naturale possibile, date le circostanze.

L’intera terza stagione, pur partendo da una situazione che si potrebbe dire più di metà serie piuttosto che prossima al finale, riesce a risultare come un arco narrativo conclusivo coerente e coeso. Nessuno slot viene sprecato, ogni passaggio ha una qualche funzionalità nel mandare avanti la trama, nel rivelare dettagli mancanti su determinati personaggi o nel provvedere a del gradito character development.
Il risultato è una stagione colma di accadimenti, si potrebbe dire persino satura, ma che anche in virtù di ciò tiene incollati allo schermo più che mai.

Naturalmente, le stesse premesse di questa stagione non la rendono perfetta. Ciò a cui assistiamo è un concatenarsi di situazioni che erano state programmate per essere centellinate nel tempo, e che sono state dunque come rimescolate in un calderone incandescente per formare un climax finale senza una costruzione pienamente adeguata per esso. Tuttavia, gli autori riescono a far fluire tutto o quasi in maniera liscia, forse serrata ma dotata di una sua consecutio logica.

In diverse serie animate, uno dei problemi del finale è che spesso volentieri esso risulta rushato. Basti guardare Steven Universe, che avrebbe assolutamente beneficiato di un’altra stagione, oppure Adventure Time, e in particolare l’esempio estremo: Star vs the Forces of Evil, in cui basicamente gli scrittori hanno gettato al vento quasi tutto ciò che di buono era stato fatto sino ad allora, realizzando una stagione conclusiva che incredibilmente riesce ad essere sia troppo dispersiva sia troppo rushata.

Nel caso di OK KO, la serie si è ritrovata in una situazione non dissimile ad almeno un paio di quelli nominati, con una ridotta tempistica a disposizione per poter chiudere le trame che erano state aperte. A dispetto di molte serie che sono passate attraverso la stessa problematica, però, OK KO è riuscito ad ergersi per il livello di competenza mostrato dagli scrittori nel saper gestire quanto più possibile in tanto meno spazio disponibile.
Sicuramente ha aiutato il fatto che misteri e plot points dello show non fossero numerosi come in, di nuovo, il “fratello maggiore” Steven Universe, ma questo non significa che il modo in cui dovessero essere trattati avrebbe dovuto essere meno attento, e così è stato.

Nella terza e ultima stagione, nulla viene lasciato al caso, tutti i nodi vengono al pettine, le trame convergono in direzione di una chiusura forse non magistrale ma comunque epica, e c’è persino tempo per un episodio finale che risulti da meritato e ben gradito epilogo.

In tutto ciò ho voluto lasciarmi volutamente spoiler-free, ma penso quantomeno di avere reso chiara l’idea: OK KO sapeva cosa voleva fare e quando voleva farlo e, anche nel momento in cui si è ritrovato con l’acqua alla gola per cause esterne, ha saputo volgere la situazione a suo vantaggio traendo il massimo da tale posizione tutt’altro che propizia, senza neppure dare troppo l’impressione di essere stato “costretto” a prendere tale strada (ma non esimendosi dal lanciare qualche frecciatina tra le righe al network, per via del trattamento ricevuto).

Ecco perché la terza e ultima stagione di OK KO: Let’s Be Heroes è un esempio da seguire di come si fa una stagione finale.

 

 

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