Fullmetal Alchemist Brotherhood – Il miglior shonen di sempre?

È il 2001 quando Fullmetal Alchemist, serie manga di Hiromu Arakawa, autrice non al suo primo esercizio creativo ma comunque ancora con poca esperienza nel campo, fa capolino sulle pagine della rivista Monthly Shōnen Gangan. Non ci vorrà molto prima che la sua opera diventi un successo planetario, dando vita anche a una prima trasposizione animata nel 2003 (ne parleremo a tempo debito) e, nel 2009, a una serie remake: Fullmetal Alchemist: Brotherhood, che contrariamente alla prima incarnazione anime adatta per intero e con quasi totale fedeltà il fumetto di Arakawa.

Parlando un pochettino dalla trama senza troppo svelare (anche se ormai, visto quanto la serie è conosciuta, se bazzicate certi ambienti è difficile che non abbiate captato almeno qualche spoiler), Edward Elric e il fratello Alphonse Elric sono due giovani alchimisti dello Stato di Amestris; nel tentativo di riportare in vita la madre, morta di malattia, i due esercitarono una pratica proibita dall’Alchimia (rappresentante in pratica la scienza del mondo di FMA, anche se ai nostri occhi appare più come magia), ossia una trasmutazione umana. Fallirono e, nell’operazione, Edward perse una gamba, mentre Alphonse l’intero corpo; per permettere all’anima del fratellino di rimanere ancorata al nostro mondo, Ed legò Al a un’armatura, perdendo anche un braccio per via del principio dello scambio equivalente. Da qui inizia la nostra storia, con Edward divenuto ormai alchimista di stato (o “cane dell’esercito“, come questo corpo militare viene definito con disprezzo da molti) e i due fratelli impegnati in ricerche atte a trovare la leggendaria pietra filosofale, a quanto sembra in grado persino di aggirare il principio dello scambio equivalente e dunque di far loro riottenere i propri corpi. Com’è ovvio aspettarsi, nel loro viaggio incontreranno nemici e alleati e arriveranno a incappare in intrighi e cospirazioni di proporzioni spaventose.

Parlando del lato tecnico, direi che è quasi sicuramente (il quasi lo metto poiché ho visto solo alcuni dei lavori dell’azienda) uno dei migliori operati dello studio Bones. I disegni sono molto puliti e particolarmente ben fatti, seguendo abbastanza bene il character design di partenza e forse anche particolareggiandolo di più all’occorrenza. Le animazioni poi sono di livello altissimo, i sakuga si sprecano nelle scene d’azione e ogni frame è perfettamente collocato e definito. Ho visto la serie tre volte fino ad ora, e non ho mai notato cali qualitativi nei disegni o nelle animazioni. Se per caso mi sono perso qualche piccolo “derp”, siete liberi di segnalarmeli tra i commenti. In ogni caso, rispetto alla prima serie il miglioramento è visibile (nella qualità dei colori in particolar modo) ma neanche abissale, in quanto pure l’anime del 2003 raggiungeva livelli non indifferenti.

La sceneggiatura non delude, o perlomeno per me non è stato così. C’è chi preferisce la prima serie (rappresenta una minoranza nel fandom, ma esiste anche questa “specie”) per la maggior maturità della storia, e non posso negare che il primo FMA sia forse uno dei migliori anime con finale (e metà serie) originale che abbia mai visto; in ogni caso, a livello del tutto personale, prediligo Brotherhood. Se si esclude il primo episodio “filler“, ossia non presente nel manga (ma comunque tutt’altro che disprezzabile, direi: un antagonista tutto sommato interessante, immagini e panoramiche assai belle e una buona dose d’azione; un inizio in medias res godibile), il ritmo del resto della serie è portato avanti in maniera adeguata. Gli avvenimenti all’inizio si susseguono in modo un po’ più veloce rispetto alla prima serie, creando forse un pochettino più di alone di “superficialità” in qualche dettaglio, ma anche Brotherhood si sa prendere i suoi tempi e quando arriva il momento di soffermarsi su qualcosa di importante la regia non delude.

I personaggi sono tutti ottimamente scritti. Personalmente non saprei neanche dire con esattezza quale potrebbe definirsi il mio “preferito”. Gli stereotipi monodimensionali non trovano posto nel mondo di Fullmetal Alchemist, e anche qualora ci fosse qualche cliché nel carattere di qualcheduno, il modo in cui agiscono, parlano, interagiscono li fa sembrare talmente “veri” da rendere difficile non entrare in empatia con loro. Persino i personaggi non proprio “positivi” danno la possibilità allo spettatore di essere, se non proprio apprezzati, quantomeno compresi.

Una panoramica di buona parte del cast principale.

La colonna sonora poi… Assolutamente divina. Le sigle di apertura e di chiusura sono tutte, dalla prima all’ultima, tra le migliori di sempre nelle produzioni animate orientali. Personalmente per quanto riguarda le opening direi che le mie preferenze vadano soprattutto alla prima, la quarta e un po’ anche la quinta, ma sono tutte degne di apprezzamento. Anche le singole OST vanno a portarsi perfettamente all’interno della storia in un connubio ogni volta adatto alla singolarità della situazione, andando dal drammatico al comico all’epico.

Insomma, che altro si potrebbe dire di Fullmetal Alchemist: Brotherhood? Probabilmente molto altro, ma preferisco terminare qui per evitare di divenire troppo prolisso.

È una delle migliori serie d’animazione e non solo che abbia mai visto, un’opera di altissimo livello che si pone nella vetta dei manga e degli anime moderni, un intrattenimento adatto a tutte le età (ad esempio, l’ho fatto visionare anche a mia madre e lei lo ha guardato con me praticamente tutte e tre le volte quasi per intero, apprezzandolo molto).

Voto finale: 10/10

Vi consiglio di dare un occhio anche alle mie altre recensioni a tema Anime, Animazione (in cui sono compresi anche prodotti occidentali) e Cinema (è attualmente in corso una mia rubrica dedicata alle pellicole di Quentin Tarantino).

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Alla prossima recensione!