Tarantinando #2 – Una vita al massimo (True Romance)

Ah, l’amour, l’amour… Questo uno dei temi al centro della pellicola tarantiniana di oggi, chiaramente citato anche nel titolo originale, arbitrariamente modificato nella versione italiana.
Oggi si parla del “secondo” film di Quentin Tarantino (le virgolette sono d’obbligo, in quanto, sebbene la storia fosse sua, non fu lui a dirigerlo): Una vita al massimo, del 1993.

Diretto da Tony Scott, conosciuto anche per “filmetti” come Top Gun (1986) e Beverly Hills Cop II (1987), questa nuova parabola dell’epopea tarantiniana è conosciuta per essere il secondo capitolo della cosiddetta “trilogia pulp” del regista, dopo Le Iene e prima di Pulp Fiction.

Protagonisti del film sono Clarence (Christian Slater) e Alabama (Patricia Arquette), lui commesso in un negozio di fumetti, lei neo-ragazza squillo. Lei è il “regalo di compleanno” per Clarence offerto dal suo capo, ma i due si innamorano l’uno dell’altra e Alabama decide di lasciare la prostituzione. A chiudere i rapporti con il suo protettore ci penserà Clarence, il quale entrerà nel mentre in possesso di un’ingente quantità di droga, che i due dovranno pur smerciare in qualche modo…

Una vita al massimo è un film molto più “classico” del suo precedente. La sceneggiatura tarantiniana esplode nella sua veemenza, offrendoci anche momenti grandiosi, come il dialogo tra l’avvocato mafioso Vincenzo Coccotti (Christopher Walken) e il padre del protagonista (Dennis Hopper), ma l’impianto registico è molto più lineare, manca di particolari virtuosismi stilistici tipici (ad esempio i salti temporali, uno dei marchi di fabbrica di Tarantino, presenti nella sua sceneggiatura ma eliminati nel prodotto finito).

Con questo non intendo certo dire che un film che non sia fatto “al modo di Tarantino” risulti essere un brutto film. È solo che a un film di Tarantino non fatto da Tarantino a mio parere manca quel “qualcosa in più” che lo eleverebbe davvero a prodotto di indubbio valore; è come un cono alla vaniglia Motta senza le scagliette di cioccolato in cima, per intenderci.
Rimane un’opera decisamente godibile e più che degna di visione, con tutta la sua violenza verbale e non solo (la lotta tra Alabama e lo scagnozzo mafioso nel motel è esemplare), i dialoghi irresistibili (la già citata conversazione tra Walken e Hopper) e tutta una serie di citazioni cinefile e fumettistiche che risultano delle piccole chicche per gli appassionati e nerd vari.

Piccole curiosità: Tarantino ha ammesso che il personaggio di Clarence è il più autobiografico che abbia mai scritto, e alcuni degli elementi della storia di True Romance sono stati ripresi e rielaborati dal primo film mai diretto da Quentin, My Best Friend’s Birthday, purtroppo rimasto incompiuto per l’accidentale distruzione di parte della pellicola.
Esiste poi un finale alternativo, che era quello presente nella sceneggiatura di Tarantino, il quale si ricollega al film “Le Iene”. Se non siete già a conoscenza di quale sia, provate un po’ a guardarlo e indovinarlo!

Insomma, un buon film, che forse un po’ per la mancata regia dell’autore di Knoxville, un po’ perché anche in linea generale non è tra le cose più geniali che abbia scritto, non mi sento di collocare tra le opere scritte di suo pugno meglio riuscite. In ogni caso è senza dubbio un film di qualità, a livello registico, recitativo e di sceneggiatura.

Voto finale: 7 ½

Al prossimo appuntamento, con Assassini Nati – Natural Born Killers !